Di tutte le miniere presenti nel bacino sulfureo dell’Urbinate quella di San Lorenzo in Zolfinelli è stata sicuramente la più
importante sia per quantità di materiale estratto sia per la lunga vita estrattiva; si hanno notizie sull’estrazione di zolfo già
dal 1600, ma è nel 1800 che la miniera raggiunge il massimo splendore.
Nel 1904 la società Trezza-Albani, che gestiva la totalità delle miniere di zolfo romagnolo-marchigiane, chiude i cantieri che
verranno riaperti nel 1917 dalla Società Montecatini dopo importanti investimenti, tuttavia i lavori di estrazione del minerale
verranno sospesi nel 1932 a causa degli alti costi di gestione e nel 1941 verrà formalizzata la rinuncia alla concessione.
Nel luglio del 1943 la società Saturnia chiede di rilevare la concessione e riaprire la miniera, tuttavia la caduta del Governo
Mussolini, gli eventi legati all’armistizio, nonché la successiva realizzazione della linea gotica nell’area in cui insisteva il sito
minerario, non hanno permesso la ripresa dei lavori.
Dalle ricerche archivistiche e bibliografiche è emerso che la Miniera di San Lorenzo si sviluppa su sei livelli; sulla base degli elementi acquisiti è emerso che il primo livello, e molto probabilmente anche il secondo, non interferivano con le acque di falda. Le gallerie in oggetto, restaurate negli anni ‘20, sono state utilizzate dalla Montecatini sia per il transito del personale sia come gallerie di areazione per i livelli più profondi (circa 300 m sotto il livello del mare). L’estrazione del materiale nella gestione Montecatini avveniva tramite Pozzo Pompucci e Pozzo Donegani, distanti tra loro 1.130 m: il primo raggiunge la profondità di 346 m, il secondo di 310 m. Pompucci è l’ingegnere minerario che progettò l’omonimo pozzo sotto la gestione Albani mentre Donegani è stato presidente della Montecatini dal 1918 al 1945. La miniera era dotata di due discenderie denominate Ca’ Pietro e Ca’ Sanchio e due pozzi di areazione (in precedenza utilizzati per l’estrazione del minerale) denominati Villa e Antonietti.